28 marzo 2012

Un piccolo passo per me, ma un grande passo per l'Italia!

Di Luna, voli, polli e gabbie ultimamente se ne è parlato in abbondanza, e tutto grazie al signor Marchiori e alla sua nuova creatura "Volunia". La presentazione, che vi consiglio di vedere solo se avete voglia di sentirvi umiliati, è definibile in breve come un'aggregazione temporanea di saltimbanchi impegnati in vari numeri, tutti insieme. Un po' come tanti polli in una grande gabbia.

Immaginate la scena: salone stile Rinascimento adorno di vecchi tomi, quelli di pelle con i temibili quadratoni dorati sul dorso, quelli che solo a vederli ti chiedi se qualcuno li legge mai davvero. Salone di rappresentanza, diretta mondiale, invitati, bicchieri e bottigliette d'acqua, fotografi, flash, c'è proprio tutto per iniziare. Ma il discorso non inizia. O meglio, parte all'Italiana, con discorsi e analogie da bambini dell'asilo, con affermazioni talmente ovvie da metter in imbarazzo Lapalisse. Il tipo di discorsi che fa sentire intelligente un imbecille, che lo fa guardare attorno soddisfatto perché ha capito ed è totalmente d'accordo: "Ecco, una bastonata in testa fa male, [pausa] nessuno vorrebbe una bastonata in testa! [imbecilli che si guardano a vicenda soddisfatti]".
Bene, il discorso è iniziato proprio così: "Il 2012 è un anno importante per la liberazione delle galline dalle gabbie, [pausa, immagine di Galline in fuga sul proiettore] gli utenti del web sono simili alle galline e noi finalmente dopo 13 anni di vecchiume li libereremo dalle gabbie! [il vicino di sedia annuisce con aria sapiente]". Questa spiegazione for dummies, oltre che a dare del pollo a tutti, serve a stabilire il livello del resto della conferenza. Tutti si rasserenano perché riescono a capire il discorso, quelli in fondo al tavolo fanno finta di leggere appunti, un vecchietto dall'aria confusa passeggia dietro Marchiori, la diretta mondiale si apre così. Tutta in Italiano, come fa notare fabristol nel suo blog. Poi il discorso si incipria di una bella dose di nazionalismo. Deleterio, come fa notare sempre fabristol.
Nel frattempo le mummie si strofinano gli occhi, non vedono l'ora di andarsene, i fotografi si scatenano al ritmo di due flash al secondo anche se Marchiori non accenna a muoversi da lì e le diapositive sono lente, insignificanti e ripetitive. I fotografi fanno il loro lavoro senza capire, incuranti, fotografano tutto 20 volte, qualcuno poi selezionerà l'1% di quelle foto. I giovanotti seduti a terra cercano di leggere fra le righe, una schiera di mummie su sedie recuperate da qualche banchetto medievale subito dietro di loro. Insomma, un pollaio seicentesco in cui si parla di innovazione tecnologica, dove si possono ammirare fotografi più bravi a fotografare veline che scienziati e dove si respira un'aria da "Le toit paternel".

Purtroppo non ce l'ho fatta a seguire fino alla fine, ma almeno nella prima metà lo stile è quello di qualcuno che spiega a gente che non sa niente: metafore e banalità ma nessun approfondimento interessante. Un accenno di dettaglio si ha quando Marchiori parla di poca potenza disponibile e di un sistema aperto in grado di scalare semplicemente aggiungendo nuovi computer: "il sistema scala, diventa sempre più bravo". Poi cambia discorso. Mah, si capisce che sta parlando con delle mummie, si capisce che ha pochi mezzi e il lavoro è tanto, e si capisce che tutti gli Italiani in gamba sono andati all'estero. Voglio dire, un progetto di questa portata realizzato da studenti e neolaureati... una prima mondiale presieduta da cadaveri appena dissotterrati... la totale mancanza di giornalisti esperti e di persone in grado di sollevare domande interessanti... sono tutti segnali abbastanza chiari. Non sono arrivato alla fine per sentire le domande, come dicevo, ma in quest'articolo si racconta che il climax è stato raggiunto con "Da cosa nace il nome Volunia". Per pietà, state zitti!

Se qualcuno dovesse chiedersi dove sono finiti SuperEva, Splinder, Infinito, iBazar, la risposta può immaginarla da solo: impantanati in grosse cacche di dinosauro e demoliti da una concorrenza che non si perde in salamelecchi, ma va diritta al punto.

Anche nelle altre interviste a Marchiori, all'uscita dalla conferenza per esempio, i giornalisti hanno la voce tremante, fanno domande troppo generiche, Marchiori se la cava con le stesse cose dette e ridette. Poi ci si lamenta della mancanza di informazioni su Volunia. E il sito ufficiale è fermo al 6 febbraio, con un video esplicativo che non spiega proprio niente. Se volete avere un'idea di cosa sia una vera intervista ad un vero esperto, date un'occhiata a questo video: la naturalezza con cui Carmack spara un sacco di informazioni tecniche e concetti complessi, anche usando parolacce, fa capire che sa quello che dice, ne è convinto, è libero da tradizioni penalizzanti e non sta cercando di convincere nessuno. Al massimo spiega, per quelli che riescono a seguirlo. Marchiori più che a John Carmack mi fa pensare a Cristoforo Colombo prima di fuggire all'estero anche lui, quando cercava fondi per la sua idea. Chissà se la Terra è tonda davvero, o se è un grosso disco poggiato sul dorso di un pollo gigante.

22 marzo 2012

Touch typing

È da un po' più di un anno che ho imparato a scrivere senza guardare la tastiera - touch typing, come si chiama correttamente. Era ora! E forse se non mi fossi scontrato con le pessime tastiere azerty francesi non mi sarei mai deciso. Un piccolo (manco troppo) sforzo iniziale, diciamo per un paio di mesi, poi si continua a prendere dimestichezza fino al punto di riuscire a scrivere mentre rispondete alla domanda che il vostro collega vi sta facendo (e mentre lo guardate in faccia ovviamente!).

Ecco, soddisfattissimo di esserci riuscito, ci ho preso gusto e ho cominciato a fare ricerche su internet, trovando articoli, curiosità e spiegazioni. Di cose ne ho trovate, fino al punto da rendermi conto che imparare la tastiera italiana è stato... non del tutto inutile, ma solo un primo passo. La tastiera qwerty italiana ha vari problemi, alcuni gravi, alcuni scemi senza motivo, altri intrinseci alla mappatura qwerty.

Andiamo per ordine di ridicolaggine: il primo posto lo darei al tasto con la c cediglia (ç), un tasto dimenticato lì quando copiammo la tastiera francese (si parla dei tempi delle macchine da scrivere). Mi risulta che in Italiano antico la ç si usava, per esempio, in parole come "senza" (sença). Questo in un'altra epoca: oggi non conosco nessuno, a parte studenti di lingue straniere, che usino questo tasto. Da notare che è un simbolo di secondo livello (cioè raggiungibile con il tasto shift), per di più sulla home row. Scambiarlo di posto con @ sarebbe già un passo avanti.

Secondo premio va alla J, lettera nemmeno presente nell'alfabeto. Già a fine '800 tale lettera perdette importanza e, come riporta Wikipedia, fino agli anni '50 I e J erano considerate la stessa lettera. Mi scuso per eventuali inesattezze, resta il fatto che oggi pochissime parole si scrivono con la J. Eppure, forse dimenticata lì quando copiammo la tastiera americana, la J si trova anche lei sulla home row. Non solo: è sotto l'indice della mano destra. È la home key di destra. Follia, delirio, o scherzo di un buontempone di cent'anni fa?
Il discorso, purtroppo, si ripete per la K, e anche la W non scherza. La P è invece nell'angolino meno raggiungibile. Insomma, la mano destra fa acrobazie e salti per premere tutti i tasti, mentre quelli più a portata non servono quasi mai.

Un'altra mancanza, magari meno grave e comunque alleviata su Linux, è la mancanza della tilde (~, AltGr+ì su Linux). In programmazione è un simbolo importante, e non averla costringe a varie acrobazie, specie su Windows. La programmazione, ricordo, esiste almeno da 40 anni, i programmatori usano le tastiere e avere un simbolo che ci serve spesso non mi sembra chiedere troppo. Magari al posto della ç, del §, al terzo livello su <>, che so.

Parlando della mappatura qwerty più in generale, ereditata dalle macchine da scrivere, c'è ancora di che lamentarsi: il buon vecchio Christopher (1800), per risolvere il problema dei piedini che si accavallavano e si inceppavano nelle vecchie macchine da scrivere, ebbe l'idea di disporre i tasti in modo che le lettere che appaiono di seguito più spesso fossero ben distanziate, in modo da rallentare la scrittura e di evitare di azionare due tasti vicini troppo in fretta. Questo risolse i problemi delle ancora più vecchie macchine da scrivere con i tasti in ordine alfabetico.
Ecco, noi nei computer abbiamo al massimo Windows che si inceppa, ma le tastiere proprio no. Portarsi dietro questa tradizione pro tunnel carpale mi pare da ritardati.

Così, per concludere, mi sono imbattuto nelle tastiere Dvorak. All'inizio sembrano spaventose, persino i numeri sono messi in posizioni strane. Alla fine però ci si abitua in fretta, un mesetto nel mio caso.
Le lettere sono messe in modo che quelle più usate siano le più raggiungibili, e vi assicuro che avere T e H vicine quando si scrive in Inglese è una goduria. Altro che K e J.
Purtroppo per l'Italiano ancora non è il massimo: le statistiche per le lettere sono infatti basate sulla lingua inglese. Le le vocali, poi, sono tutte a sinistra: quasi tutte le parole italiane finiscono per vocale, il che significa usare sempre lo spazio con la mano destra. Ma per scrivere in lingue straniere e per programmare va benissimo. E c'è anche di meglio per noi dev: la Programmer Dvorak.

Aver imparato la qwerty mi è stato comunque utile: negli internet café, a casa di amici ecc è la tastiera che più spesso si trova, e in quei casi mi risparmio di dovermi esibire in imbarazzanti hunt and peck. Però seriamente, che qualcuno pensi a riorganizzare i tasti nelle tastiere moderne, per favore. Per il Tedesco, per esempio, esiste questo layout qui, chiamato Neo. Qalche lettore che prende spunto c'è?
Per quanto mi riguarda, vivendo all'estero mi capita spesso di scrivere in lingue straniere. La tastiera italiana è comunque una cosa strana per i miei colleghi e amici, per cui tanto vale essere strani fino in fondo e fare una scelta ponderata. Nel mio futuro c'è scritto Dvorak! :)

Happy typing!